La Città di Atri presenta un peculiare e imponente impianto idrico sotterraneo, una parte ipogea di estremo interesse storico-archeologico costituito da cisterne, fontane antichissime, una ricca e ramificata rete di cunicoli, grotte, che facevano ragionevolmente parte di un unico grandioso sistema idrico sotterraneo di origine preromana e successivamente sfruttato dall’antica urbe per convogliare le acque in punti prestabiliti, sia percolanti che provenienti da piccole risorgive.
La caratteristica che deve avere condizionato la scelta dei primi abitanti è sicuramente la notevole estensione di un’area edificabile e protetta dalla natura del suolo. Dell’organismo urbano preromano conosciamo tuttavia molto poco, si comincia a definire una configurazione strutturale urbanistica soltanto a partire dal periodo romano, nota grazie agli importanti rinvenimenti archeologici dell’ultimo secolo e alle fonti latine, in particolare di Plinio e Polybio. In tal periodo la città di Hatria era meta delle grandi strade di comunicazione che partivano da Roma, ricordiamo la Via Caecilia, una diramazione della Salaria che collegava Roma con l’Adriatico, assumendo nel periodo imperiale un elevatissimo standard qualitativo e quantitativo come ampiamente denotano sia le permanenze strutturali, teatro, terme/ macellum, cisterne, tratti di basolato stradale, domus, mosaici, che rinvenimenti di materiale vario ed eterogeneo.

Configurazione urbana e sistema idrico sotterraneo.

Possiamo configurare i due poli base della città: una parte alta con il Palazzo Acquaviva e una parte più bassa con l’imponente Cattedrale di Santa Maria Assunta, messe in collegamento mediante un asse viario intitolato all’imperatore Elio Adriano la cui famiglia era originaria di Hatria che, oltre a presentare un percorso di base, fungeva da vero e proprio elemento funzionale proponendosi come cardo in una organizzazione viaria organizzata sull’ortogonalità, tipicamente romana ove al di sotto passava il collettore sotterraneo di adduzione delle acque ai due complessi idrici.
Il difficile contesto geo-morfologico fu accuratamente studiato allo scopo di ottenere la massima estensione possibile per lo spazio. Il suo tracciato risaliva il colle con pendenza leggermente più dolce dell’attuale, infilandosi in un articolato sistema di terrazze che azzeravano il pendio in progressione.
Le grandi cisterne erano collocate in punti sommitali e strategici della città. Tra queste ricordiamo quelle sottostanti l’attuale Palazzo Acquaviva, quella insistente nei sotterranei dell’albergo San Francesco, la cisterna attuale cripta della Cattedrale, i sotterranei di Palazzo Cicada sino ad arrivare a Capo d’Atri. Codeste erano utilizzate come centri di raccolta delle acque piovane che dalle principali piazze, vaste superfici di raccolta, confluivano in inghiottitoi e le riempivano. L’acqua, mediante bocche di sfioro, andava poi ad alimentare attraverso piccole canalizzazioni sotterranee, i pozzi dei privati e le fontane del circondario.

Cisterna romana, Palazzo Ducale

Costruita in opera cementizia (58×14,80 m), presentava nove camere absidate per la controspinta delle acque, coperte da volte a botte con pareti intonacate in opus signinum, un intonaco che ha la capacità di fare presa anche in ambienti non a contatto con l’aria, dunque induriva anche in acqua e il suo scopo era quello di impermeabilizzare gli ambienti. Il tessuto murario e altri elementi individuano l’età imperiale della struttura nella sua forma definitiva.

Ipogeo della Cattedrale di Santa Maria Assunta

Si tratta della struttura più antica, risalente al IV a.c. Di forma quadrangolare 24×24 metri, le pareti sono chiamate mura ciclopiche per le grosse dimensioni del conglomerato, lavorato e connesso a secco. A tal periodo risalgono anche i due sbocchi di adduzione delle acque e i cordoli alla base che cingono l’intero perimetro per evitare le infiltrazioni di acqua tra le pareti e il pavimento.  All’origine era una cisterna pubblica costruita sfruttando le mura di un tempio pagano dedicato ad Ercole; in seguito fu usata vasca limaria per raccogliere le acque reflue provenienti dall’edificio che vi si costruirono proprio al di sopra di essa in età imperiale. Le volte della cisterna in questo periodo furono piastrellate per isolare dall’umidità e per non danneggiare la struttura soprastante decorata a mosaico che attualmente affiora nel pavimento della Cattedrale. Al di sotto delle volte a crociera a doppia fodera in mattoni quadrati, c’è un nucleo cementizio, secondo una tecnica costruttiva utilizzata già nelle terme di Caracalla a Roma.

Le Grotte

Al termine del sistema idrico strettamente urbano, si collocano le cosiddette “Grotte”, in posizione marginale rispetto al centro cittadino. I cordoli idraulici, l’intonaco per l’impermeabilizzazione delle pareti, i segni di chiuse per gestire il flusso d’acqua, unitamente alla sua collocazione a margine della città così come le grotte sotto la Villa Comunale, fanno presupporre ad un uso sin dai tempi più antichi, di scarico e scolo di acque dalla città in piano.
Entrambe le località denominate “le grotte” si collocano e discendono rispettivamente lungo i due pendi: il fosso del Gallo e la parte est della città, entrambe a precipizio e in concordanza con dei vuoti naturali.

Le fontane archeologiche

L’abitato si dispiega su tre colli denominati Maralto, Colle di Mezzo e Muralto poggianti su conglomerati di tetto costituiti da sabbia e ghiaia, ad alta permeabilità, poggianti a loro volta su banchi di argilla impermeabili, entrambi di origine plio-pleistocenica.
La particolare posizione del territorio rendeva difficile l’approvvigionamento idrico per via della lontananza da fiumi e sorgenti naturali, da questa situazione nacque una soluzione ingegnosa quanto ottimale, dettata dalla natura stessa del terreno.
I conglomerati di tetto a causa la loro notevole permeabilità fungono da elementi filtranti, sono facilmente attraversati dall’acqua, sotto di esso abbiamo lo strato compatto di argilla impermeabile che invece non permette all’acqua di oltrepassarlo per cui quest’ultima si imbatte in questo strato di argilla e rimane imprigionata nello strato soprastante. Da qui l’acqua viene captata e convogliata attraverso sistemi idraulici sotterranei che, sfruttando la natura geologica del terreno e l’inclinazione dei cunicoli, permettono il deflusso delle acque in punti di raccolta, coincidenti con fontane o altre strutture che hanno favorito la nascita e lo sviluppo di una fiorente e popolosa civitas in un territorio lontano da corsi d’acqua e in posizione elevata.
L’abbondanza di acqua nel sottosuolo è quindi direttamente correlata alla successione sedimentaria locale. Sono stati realizzati nel sottosuolo dei principali colli, e in maniera ortogonale rispetto all’asse principale dei colli, veri e propri sistemi drenanti.
Questo sistema fu costruito su scala tale da rivaleggiare con i grandi acquedotti dell’Impero Romano, inoltre, mentre questi ultimi rappresentano oggi una mera curiosità storica, il sistema di origine iraniana e adottato in Atri è ancora in uso dopo 3000 anni. Rispetto agli acquedotti romani di superficie essi sono: meno costosi nella realizzazione e nella manutenzione, più protetti batteriologicamente per l’assenza della luce nel sottosuolo, e termicamente per la costante temperatura del sottosuolo. Mentre gli acquedotti romani portavano in città acqua sorgiva dai monti con un percorso costosissimo, lungo spesso decine di chilometri, il sistema sotterraneo cattura generalmente acqua piovana in loco, la quale penetrando nel terreno si arricchisce di sali e diviene potabile.
Le fontane di Atri dunque sono perenni, poiché sfruttano il ciclo delle acque piovane, sono potabili, perché filtrate ed arricchite di sali dal terreno.
Il sistema, che gli storici identificano come kanat di origine persiana, risale a 3.000 anni fa e si presenta relativamente semplice e geniale, unitamente alla eccellente resa, che è senza dubbio il motivo del successo tecnico e della successiva espansione dall’originaria cultura assira a quelle del bacino Mediterraneo. Si rende anche noto che la ricezione delle esperienze esterne viene sempre fortemente filtrata da un potente senso di autonomismo, tendente a sviluppare il discorso culturale e cultuale sulla base della propria specifica tradizione, cosa che non poteva non accadere ad una città come Hatria.
Rispetto agli altri sistemi ipogei restano invariate caratteristiche come altezza (quasi sempre oscillante tra m. 1,50 e i 2 m. e la larghezza dai 50 agli 80 cm) e la presenza di pozzi di aereazione avente il duplice scopo di areare la galleria e permettere l’estrazione del materiale durante la costruzione. Sono fattori variabili invece, il materiale costruttivo per pareti e fondo, poiché questo dipende dalla natura del terreno.
La costruzione di questi sistemi richiede un impegno iniziale notevole nell’individuare una zona di falda acquifera e nell’escavazione delle gallerie, di fatti, fatto questo, spesso si ricorreva a più diramazioni  per far raggiungere a tutto l’impianto il massimo rendimento di captazione e una costante e regolare portata.

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